I finalisti di quest’anno:
9 Pasos (Spain)
In apertura della seconda serata del DFF14 è sempre Giuliano Pagliei che ci illustra i corti della sezione ‘Official Selection‘.
Quest’horror, scritto, prodotto e diretto da Marisa Crespo e
Moisés Romera, porta lo spettatore a rivivere le proprie paure infantili. Un
padre esorta il giovane figlio a percorrere i nove passi necessari ad
attraversare il buio corridoio che lo separa dal bagno così da spingerlo a
superare le sue paure. Una forte tensione stringe lo spettatore che osserva
l’innocente bambino sforzarsi passo dopo passo di raggiungere la meta. Suspance
che giunge al culmine quando viene a mancare la già fievole luce che illuminava
il corridoio. Il finale a sorpresa impedisce allo spettatore di riprendere del
tutto il fiato trattenuto durante la visione.
Anna (Italy)
Il corto nostrano diretto da Federica D’Ignoti ci trascina in
un colloquio tra un “analista” (Pietro De Silva) e la sua paziente (Valentina
Lodovini) in cui il primo viene rappresentato come un cinico poliziotto cattivo
(punta la luce di una lampada verso gli occhi di Anna) che sfrutta
l’interrogatorio per farsi beffe dell’ingenua ragazza alle prese con delle pene
amorose. L’uso serrato del campo-controcampo richiama appunto le scene
d’interrogatorio dei gialli o dei drammi psicanalitici (quale la sempre
nostrana serie “In Treatment”).
Il turning point rivela false le attese che lo spettatore si
era creato nell’interpretazione del ruolo dei personaggi.
A 6 Minute Short Film
(Bulgaria)
Lo humour nero di Georgi Kanchev trasforma il rito funebre in
una farsa grottesca.
Questa breve storia richiama le riflessioni di Giorgio Agamben
sul concetto di “profanazione”, capovolgimento del rito sacro quale gioco, qui
ironia che permette di superare il lutto e sconfiggere il complesso della
mummia baziniano. Molti gli echi che vi si possono sentire: dal funerale di
“Amici miei” alla satira anglosassone “Funeral Party”.
Boo Boo by Ivan Yu (Hong Kong)
Chubby, un sensibile bambino di dieci anni, non riesce a
lasciarsi alle spalle il dolore della perdita del suo cane, Boo Boo. Festeggia
i suoi compleanni e porta sempre con sé la sua reliquia, una scatola si suppone
che contenga le ceneri dell’animale. Dopo l’ennesimo compleanno festeggiato la
liberazione di una farfalla lascia presagire il superamento del lutto.
Clown (Ukraine)
Olexander Kyrienko ci mostra l’importanza del ruolo delle
fabulazioni collettive nella vita sociale. La vita monotona di un poliziotto
viene interrotta ogni giorno quando prende i mezzi pubblici. L’autobus, grazie
alla presenza di uno sconosciuto clown, si trasforma in un paradiso di colori,
risate e palloncini in slow motion accompagnato dalla musica solare di un
carillon che vediamo in montaggio alternato.
Dark Night (Russia)
Ivan Plechev si cimenta in un’ironica mescolanza di generi
tipicamente americani. Un’apocalisse zombie si abbatte sulla Mosca di un
temerario tassista, un Dark Knight, che si trova a dover ospitare nella sua
macchina/carovana (si considera il road movie discendente diretto del Western)
diversi personaggi spaventati dagli eventi che traghetterà verso la salvezza
per poi riprendere diligentemente il proprio lavoro sul taxi.
Dispersion (Switzerland)
Basile Vuillemin dà vita con questo corto ad una distopia
sepolcrale, nella quale l’automatismo tecnologico alienante della nostra epoca
si trova a coinvolgere anche uno tra i più importanti rituali sociali umani.
Non manca tuttavia l’ironia che si manifesta nella resa del protagonista
davanti ad una intelligenza artificiale non troppo perspicace, nella rapacità
umana priva di scrupoli (rappresentata qui dalla giovane donna che si fa pagare
per assistere a funerali privi di testimoni) e nell’omaggio finale a “The Big
Lebowski”. L’uso di filtri che rendono l’illuminazione degli ambienti monocroma
o poco contrastata richiama un’altra distopia filmica: “Her” di Spike Jonze.
Farewell, my Love!
(Russia)
Ksenia Rappoport dirige e interpreta il monologo di una donna
portata alla disperazione dal tradimento del marito. I discorsi si susseguono
senza soluzione di continuità in un flusso temporale indistinto tramite ellissi
sottolineate da jump-cuts il più delle volte sul volto dell’attrice in primo
piano, che ci comunicano chiaramente il progredire della donna, che sembra
parlare da sola, in una disperazione sempre più folle. Quando ormai lo
spettatore inizia a percepire la protagonista come un personaggio debole che si
affligge, soggetto passivo all’interno della narrazione, un turning point
rovescia il rapporto forza uomo-donna nella coppia. La rappresentazione-cliché
della donna passiva all’interno di una società patriarcale viene ribaltata
dalla trasformazione della stessa in monstrous feminine, topos narrativo di
molti slasher film. Viene ribaltato anche il ruolo dello spettatore (il cui
gaze per gran parte del corto coincide con lo sguardo dell’uomo
traditore/soggetto attivo) nel momento in cui si vedono entrare in campo le
gambe del marito. Un corto debitore ed erede dei Feminist Film Studies degli
anni Settanta.
Fifteen – Quince (U.K. – Perù)
Questo toccante corto di Peiman Zekavat fa vestire allo
spettatore i panni di una studentessa (interpretata da Kelly Analy) la cui vita
piomba nel buio a seguito della pubblicazione di un video privato che la vede
protagonista su internet. Il piccolo mondo provinciale della scuola si dimostra
crudelmente incomprensivo verso la sventura capitata alla ragazza
trasformandosi in una vera e propria società della vergogna.
Il corto è composto da un unico piano sequenza. L’incertezza e
le paure della ragazza sono sottolineate dalle inquadrature non stabili della
camera a mano che ne segue costantemente i passi mostrandoci ora le sue spalle
curve, ora il suo volto teso nel trattenere le lacrime, la voce che esce a
fatica, innaturale dalla sua bocca in risposta alle domande che le vengono
poste, e tenendo fuori campo il volto della sua crudele delatrice, il preside
della scuola, l’adulto che dovrebbe aiutare e capire i ragazzi che si trovano
sotto la sua supervisione.
Ipdentical (Spain)
Nella mente di Anna (Manuela Vellés), colletto bianco di un
mondo distopico nel quale un monopolio conformista avvolge ogni forma di
espressione, dal cinema all’arte visiva, dall’architettura alla musica (unico
svago lasciato ai personaggi l’ascoltare la stessa piatta melodia), riaffiorano
i ricordi di un lontano passato colorato, ben diverso dal monocorde mondo in
cui vive dominato da una scala di grigi, nel quale ascoltava il padre comporre
“The Ultimate Song”. Questi brevi flashback di un vissuto lontano in montaggio
parallelo al presente distopico non sono sufficienti a far evadere la
protagonista dal presente. Le ultime inquadrature unite da raccordi sull’asse e
dal raccordo sonoro della tediosa melodia distopica, ci mostrano un progressivo
allontanamento dalla finestra dell’appartamento di Anna aprendo la vista ad una
sempre maggior porzione di grattacielo, ripetizione monotona di un unico ordine
architettonico. Marco Huertas ci porta in un mondo distopico che può vantare
celebri predecessori da “1984” di George Orwell a “THX1138” di George Lucas.
Lina (France)
Il corto di Dominique Barniaud ritrae i problemi adolescenziali
attraverso il dialogo tra una madre e una figlia. Lina, una bambina meno
ingenua di quanto la madre consideri, ha bisogno dei consigli di un adulto.
Tuttavia il contatto con il mondo degli adulti la ferisce, un mondo non privo
di contraddizioni che si rivolge in modo troppo cinico alle emozioni. Non a
caso la bambina nasconde alla madre l’identità della ragazza di cui è
innamorata.
Toccante e divertente la sequenza a episodi in cui la madre
insegna a Lina come baciare.
Megan (U.S.A.)
Greg Strasz si dedica con ironia al disaster movie
fantascientifico. Una giovane scienziata è alla ricerca di un antidoto che
possa salvare l’umanità dall’estinzione. Diversi i topos del genere che
compaiono nel corto come la catastrofe che coglie un bambino impreparato mentre
gioca in spiaggia. Grande cura viene dedicata agli effetti visivi, cui Greg
Strasz è un affermato esperto.
Tiikeri (Finland)
Nel corto di Mikko Myllylahti si assiste al muto dramma
familiare di un bambino. Il costume da tigre indossato da questi e il suo
silenzio richiamano l’ambiguità dei “Rabbits” di David Lynch. Il fucile del
padre ubriaco non seguirà le orme della pistola di Cechov. La dimensione
onirica in cui il bambino immagina di trovarsi esprime il senso di
inadeguatezza nel vivere con un genitore violento e alcolizzato.
Ulysses (Mexico)
Jorge Malpica reinterpreta la figura mitologica della sirena.
Il cinico uomo moderno non subisce il fascino della creatura. Un incredibile
uso della CGI accompagna la visione dello spettatore.
Yawth (Greece)
In un’epoca in cui siamo costantemente avvolti dai media e dai
social network, Dimitris Tsakaleas si interroga disilluso sul loro ruolo nella
vita delle nuove generazioni. Alle inquadrature vengono sovrapposte come
fossero HUD videoludici le chat dei ragazzi che vengono rappresentate così come
fossero una realtà aumentata rispetto quella rappresentata dalle riprese.
Rivalità (Italia)
L’attore Luigi Imola si cimenta nella regia del suo primo cortometraggio. Francesca e Domiziana sono due sorelle molto legate tra loro ma qualcosa sembra essersi rotto. Si rifugiano in due amicizie in chat, ma non tutto va come previsto.
The category Official Selection includes short films under ten minutes of a variety of genres. This year’ finalists are:
9 Pasos (Spain)
This horror picture –
written, produced and directed by Marisa Crespo and Moisés Romera – brings the
audience to relive their childhood fears. A father encourages his child to walk
nine steps across a dark corridor, hoping to help him overcome his fears. The spectators
will hold their breath while the innocent child strives to gradually reach the bathroom.
The suspense reaches its peak when the already faint light in the corridor
vanishes altogether. The surprise ending prevents the audience from completely releasing
their breath, tightly held during the vision.
Anna (Italy)
In this short film –
directed by Federica D’Ignoti – the audience witnesses a conversation between a
“therapist” (Pietro De Silva) and his patient (Valentina Lodovini). The former
is portrayed as a cynical, bad cop – he points a bright light at Anna’s eyes –
who takes advantage of his position to mock the naive, lovesick girl. The
frequent use of the shot reverse-shot pattern hints at drama television series’
interrogation sequences. The turning point reveals that the spectators drew
their conclusions about the characters on false expectations.
A 6 Minute Short Film (Bulgaria)
Georgi Kanchev’s black
humour turns the funeral rite into a grotesque farce. This short story recalls
the considerations by Giorgio Agamben on the concept of desecration, meaning
the upturning of the sacred ritual in the form of a game. In this specific case,
it is the kind of irony that helps overcome grief as well as defeating Bazin’s
Mummy Complex. This film openly hints at the funeral in Amici Miei and the English satire in Funeral Party.
Boo Boo by Ivan Yu (Hong Kong)
Chubby is a sensitive
ten-year-old child who cannot stop grieving the loss of his dog Boo Boo. He
celebrates his birthdays and he always carries his memento with him: a box
allegedly containing the animal’s ashes. After yet another birthday celebration,
the release of a butterfly suggests that the loss was finally overcome.
Clown (Ukraine)
Olexander Kyrienko highlights the importance
of tales in society. The monotonous life of a police officer is interrupted
every day the moment he gets on public transport. A mysterious clown brings
colour and laughter on the bus. A cheerful carillon can be heard on the
background while the bus fills with joy and colourful balloons.
Dark Night (Russia)
Ivan Plechev experiments
with this ironical mixture of typical American genres. A zombie apocalypse
falls upon Moscow, and a brave taxi driver finds himself driving many
frightened characters in his car. In this road movie – a genre that has its
roots in Western classics – the hero will have to drive all his passengers to
safety so that he can then go back to his daily life.
Dispersion (Switzerland)
With this short film,
Basile Vuillemin gives life to a sepulchral dystopia. Here the alienating
technological automatism of our times goes far as incorporating one of the most
significant human social experiences. Nevertheless, the irony is not lost, and
it can be found when the main character is confronted with a not so clever AI;
it can also be perceived in the ruthless human greed here represented by a
young woman who asks to get paid to attend unattended funerals. Not to mention
the final homage to The Big Lebowski.
The monochromatic and low contrast light– obtained by using filters – recalls
another dystopian picture: Her, by
Spike Jonze.
Farewell, my Love! (Russia)
Ksenia Rappoport directs
herself in this monologue portraying a woman upset upon discovering her husband’s
betrayal. The time flow appears to be blurred as a succession of thoughts
underlined by jump cuts often landing on close-ups of the actress. These
techniques mimic the escalating feelings of the woman, who appears to be
talking to herself in a growing state of mad desperation. When the spectator gets
a grasp of the character in the narrative as a weak, needy and passive
individual, a turning point inverts the relationship between man and woman. The
stereotypical idea of the passive woman subject to patriarchal society is
subverted by the metamorphosis of the main character into a monstrous feminine – a topic widely used
in slasher films. The role of the audience changes as well: for most of the
short film, the gaze coincides with that of the active, cheating man, until the
husband’s legs appear in the shot. This short film is both debtor and heir of
the Feminist film Studies of the 70’s.
Fifteen – Quince (UK, Peru)
In this touching short film
by Peiman Zekavat the audience is led to empathise with a teenage student
(Kelly Analy) whose life turns for the worst after a private video of her
starts circulating on the internet. The school’s narrow-mindedness proves to be
viciously unsympathetic towards the girl’s misfortune. Therefore, the school becomes
a real shaming society.
The short film revolves
around a long shot. The girl’s fears and uncertainties are underlined by the
shaky shots of the camera: by constantly following the main character, we are
aware of her hunched shoulders, her tense expression when she is holding her
tears, and her forced answers. The shot does not move on the cruel principal
who, instead of being helpful and understanding towards her pupils, appears to
be their oppressor.
Ipdentical (Spain)
In a dystopian world in
which a conformist monopoly entails every expressive outlet – from television
to art, from architecture to the only flat, monotone melody the protagonists
are allowed to listen to – the white collar Anna (Manuela Vellés) starts
recalling memories of a long gone colourful past in which she used to listen to
her dad composing “The Ultimate Song”. These short glimpses from the past –
tied in a parallel montage with images of the dystopian, grey present day life
– are not enough to let the main character escape her alienating life. The last
few scenes, tied together by the use of the same shots and monotonous melody,
accompany a progressive detachment from Anna’s apartment to reveal part of a
skyscraper, the only known type of building. Marco Huertas explores a dystopian
world that recalls the ones portrayed by George Orwell in 1984 and George Lucas in THX1138.
Lina (France)
Dominique Barniaud’s
short film portrays the issues of a teenage girl through her dialogue with her
mother. Less naive than her mother would think, Lina is a child in need of some
grownup advice. Nevertheless, the contradictory and cynical grownups’ world
hurts her, forcing the child to hide from her mother the identity of the girl
she has a crush on. The sequence in which Lina’s mother teaches her how to kiss
has a touching but at the same time funny quality.
Megan (USA)
Greg Strasz ironically
revisits the sci-fi disaster movie. A young scientist is looking for an
antidote to prevent the extinction of humankind. The short film deals with many
key topics of the genre, such as a child victim of a disaster while playing on
the beach. Being an expert in the field, Greg Strasz pays particular attention
to the use of special effects.
Tiikeri (Finland)
Mikko Myllylahti’s short film
silently depicts the dramatic family situation of a child; his silence and habit
of wearing a tiger costume hints at the ambiguity of Rabbits by David Lynch. The uncomfortable
sense of inadequacy given by living with an abusive drunk parent is expressed by
the oneiric dimension in which the child sees himself.
Ulysses (Mexico)
Jorge Malpica revisits
the mythological creature known as siren. The creature’s charm does not affect
the cynical modern man. A terrific use of CGI accompanies the audience’s view.
Yawth (Greece)
In this age when media
and social networks are ever-present, Dimitris Tsakaelas disappointingly
wonders what role they occupy in the daily life of new generations of young
people. Their online chats overlap the shots as if they were HUD, mimicking the
effects of an augmented reality when compared to the actual footage.
Rivalità (Italy)
The actor Luigi Imola
experiments with directing his first short film. Francesca and Domiziana are
two sisters and they are really attached to each other, but something seems to
have been broken. They hide behind two virtual friendships, but nothing goes
the way it’s supposed to.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...